E’ Marsala la Città del Vino d’Europa per l’anno 2013. Il prestigioso riconoscimento è stato tributato alla cittadina isolana nelle scorse settimane dal Consiglio di Amministrazione di Recevin, la Rete Europea delle Città del Vino, che all’unanimità ha così deciso a seguito della valutazione delle candidature pervenute. Un’investitura che, naturalmente, andrà sfruttata al meglio per promozionare l’intero territorio della provincia di Trapani, storicamente vocato alla produzione vitivinicola, ormai da tempo ai vertici delle classifiche regionali e nazionali per quantità e qualità dei vini prodotti. Dati Istat 2011 alla mano, nella provincia trapanese si produce oltre il 50% del vino siciliano. “La notizia ci ha certamente riempito di gioia, – commenta Leonardo Peralta, segretario di Assoenologi Sicilia – la nomina deve rappresentare un’occasione non solo per rilanciare il turismo enoico ma anche il prestigioso vino Marsala, nel corso di un anno in cui sono in programma diverse azioni già delineate”.
Ma in che contesto si innesta l’importante riconoscimento tributato? “Dopo tre anni di flessioni, dalle nostre parti si registra un’inversione di tendenza, un segno positivo derivante, soprattutto, dalla riduzione al ricorso alla vendemmia verde. A ciò si aggiunga l’entrata in produzione di nuovi impianti, senza però dimenticare i danni provocati dalla siccità: la fioritura e l’allegagione erano state buone ma già da giugno la mancanza di precipitazioni aveva cominciato a creare qualche problema, accentuato poi dal caldo di luglio e agosto, non tanto per il livello delle temperature raggiunte quanto per il loro perdurare. La disidratazione eccessiva si è avuta, comunque, solo sui terreni non irrigui e soprattutto sulle varietà internazionali, con una conseguente riduzione di peso ma non di qualità”. Peralta lancia un appello alle cantine sociali: “Bisogna dotarsi di programmi veloci, manageriali, competitivi, guardare al mercato con attenzione, cercando di fare sistema per valorizzare le produzioni di qualità, anche attraverso accordi fra gli attori della filiera, auspicando di giungere presto a regole comuni in tutti i paesi per fare emergere le potenzialità delle zone realmente vocate alla vitivinicoltura”.
La parola ai produttori
“La vendemmia si è appena conclusa e, finalmente dopo parecchio tempo, siamo riusciti ad intravedere una positiva inversione di tendenza con un piccolo ma significativo aumento della produzione complessiva di uva da vino – sottolinea Salvatore Sinatra, consulente e socio di Cantine Siciliane Riunite – per una fortunata coincidenza, inoltre, all’aumento della nostra produzione è corrisposto un calo nel resto d’Italia e nei principali paesi europei produttori di vino, dovuta a ragioni contingenti. Con il risultato che la Sicilia, che da qualche anno continuava a perdere fette di mercato a causa della concorrenza di paesi come la Spagna ed il Cile, più attrezzati ad aggredire il mercato con prezzi a dir poco concorrenziali, oggi, improvvisamente, si è trovata a rivestire nuovamente un ruolo centrale nel mercato, con richieste che piovono “a grappoli” e prezzi assestati su livelli che non si vedevano più da anni. Tutto questo, se da un lato costituisce una boccata d’ossigeno per le tasche dei nostri agricoltori e per l’attività dei principali vinificatori, tuttavia impone un’analisi attenta del mercato in prospettiva di medio e lungo periodo. Non c’è chi non vede, infatti, come la favorevole congiuntura di mercato sia legata ad eventi che difficilmente si potranno ripetere nel corso dei prossimi anni e, dunque, bisogna approfittare di questo momento positivo per consolidare posizioni di mercato e stabilizzare la crescita. Il mio timore è che, dato il trend positivo di quest’anno e considerata la scarsa propensione dei nostri operatori economici a guardare al medio – lungo periodo per i loro investimenti, possano risorgere pericolose tentazioni di ritornare ad adagiarsi sulle stesse logiche di mercato che hanno messo in ginocchio la nostra viticoltura nel corso degli ultimi anni”.
Segnali positivi, quindi, che vanno ben interpretati al cospetto di innegabili criticità. “Sono diversi i profili che andrebbero risolti: l’eccessiva frammentazione fondiaria, esistente soprattutto nelle zone di più antica tradizione viticola; il ricambio generazionale eccessivamente lento che porta inevitabilmente ad un innalzamento dell’età media; la scarsa remunerazione dei prodotti agricoli, nel nostro territorio rappresentati quasi esclusivamente dall’uva, che ha dirottato la popolazione più giovane verso altri settori – osserva Ercole Alagna, azienda Alagna Vini – in previsione, comunque, la produzione viticola arresterà, a mio avviso, la fase discendente per ricominciare a crescere lentamente, soprattutto nelle aree molto vocate: durante la vendemmia di quest’anno sono bastati dei modesti aumenti del prezzo delle uve per rivitalizzare il settore e ridare fiducia agli operatori”. Secondo Alagna sono due le parole d’ordine: differenziazione e informazione. “Non dovremmo mai abbandonare del tutto le produzioni di vini comuni e di mosti muti che hanno tenuto in piedi il settore per decenni. L’informazione è l’altra chiave di volta, per un consumatore poco informato il prezzo può essere determinante, l’obiettivo deve essere quello di far capire che a volte basta spendere poco di più per ottenere un prodotto più di qualità”.