I produttori sudafricani che soddisfano i rigorosi criteri stabiliti dalle Wine Industry Ethical Trade Association (WIETA), organizzazione no profit che promuove il commercio etico nel settore del vino, potranno dalla fine di quest’anno fregiarsi di un marchio in etichetta che certifica la produzione secondo pratiche etiche. L’iniziativa ha lo scopo di sostenere le cantine e le aziende agricole virtuose e proteggerle dalla cattiva influenza sul mercato dei produttori che violano i diritti dei lavoratori.
In questo modo l’industria risponde alle accuse di sfruttamento dei contadini di colore contenute in un report di Human Rights Watch dal titolo “Ripe with abuse” (maturo con abuso) che denunciava condizioni di lavoro critiche nelle campagne sudafricane. Alla diffusione del rapporto le principali associazioni del vino sudafricane avevano reagito con dure critiche sull’attendibilità della denuncia, sottolineando gli enormi sforzi compiuti negli ultimi anni per dare ai lavoratori condizioni umane e dignitose e chiedendo che fossero resi noti i nomi dei responsabili dei presunti abusi così da poter procedere contro di loro. La vicenda venne ripresa anche dal Corriere Vinicolo con un ampio servizio, in cui si dava conto anche dei pesanti contraccolpi che il vino stava subendo sui mercati, UK in primis, dove il rapporto aveva fatto grandissimo clamore.
I produttori che vorranno accreditarsi all’uso dell’etichetta “Certified fair labour pratice” dovranno seguire un percorso di formazione rivolto a lavoratori, proprietari e manager sui temi del diritto del lavoro e dei principi del codice del commercio etico di WIETA, compilare schede di valutazione per determinare il loro livello di conformità al progetto, e infine essere sottoposte a verifiche e ispezioni in loco da parte dei controllori di Wieta. FEB