Frenano produzione e scambi internazionali. Tengono i consumi, resta invariata la dimensione del vigneto mondiale. Al primo appuntamento del 2017 l’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, nella consueta nota di congiuntura, conferma, con dati adesso più solidi rispetto a quelli di previsione, le indicazioni preliminari, almeno nelle dinamiche generali.
L’elemento di novità è dato invece dalle prime valutazioni sui raccolti nell’emisfero australe, dove le indicazioni sono per ora tutte orientate a una crescita della produzione rispetto al 2016. Le uniche eccezioni sono quelle di Australia e Nuova Zelanda, paesi in cui l’esito vendemmiale di quest’anno non dorrebbe subire particolari scossoni rispetto alla scorsa stagione. Forti aumenti, dopo il pessimo risultato del 2016, sono attesi invece in Argentina e Brasile, con incrementi rispettivamente del 23 e del 70 per cento.
Tornando ai dati mondiali, seppure con qualche modificazione nella composizione geografica, le superfici vitate confermano, nell’estensione generale, la dimensione di 7,5 milioni di ettari. Un dato ormai cristallizzato da quasi dieci anni, che incorpora però cambiamenti nei sottostanti talvolta anche sostanziali. La Cina continua a crescere, aggiungendo al conto altri 16.800 ettari di filari. Considerando le superfici acquisite negli ultimi dodici mesi il Dragone si è arrampicato fino a 850mila ettari, raggiungendo la seconda maggiore estensione dopo quello spagnola, indicata attorno a un milione di ettari. In Europa è cresciuta solo l’Italia, che con l’aggiunta di 8.200 ettari nel 2016 si è portata a quota 690mila. Davanti, oltre a Spagna e Cina, c’è solo la Francia con 790mila ettari circa. Tra i big fa un passo indietro invece la Turchia, a 480mila ettari, mentre resta invariata la superficie viticola in Usa (443mila) sesta per dimensione nel ranking mondiale.
Quanto alla produzione, i 267 milioni gli ettolitri di vino realizzati globalmente nel 2016 (il dato è al netto di succhi e mosti), in un’annata piuttosto complessa dal punto di vista climatico, hanno determinato una flessione del 3% rispetto al 2015, portando al minimo da quattro anni il dato vendemmiale. In Europa, Italia e Spagna si collocano comunque su livelli di produzione sopra la media storica, mentre resta indietro la Francia e si portano sotto il potenziale Portogallo e Romania. Fuori dal Vecchio Continente il bilancio è positivo per Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda. Al contrario archiviano una forte riduzione rispetto al 2015, a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli, Argentina, Sud Africa, Cile e Brasile.
L’Italia, con 50,9 milioni di ettolitri (+2% su base annua) mantiene il primato mondiale per livelli di produzione. Seguono la Francia con 43,5 milioni e le cantine spagnole a 39,3 milioni di ettolitri. Le dinamiche appaiono però fortemente differenziate, con Parigi che cede 7 punti percentuali rispetto al 2015 e Madrid che archivia un più 4%. Guadagnano il 10% gli Usa, con 23,9 milioni di ettolitri nel 2016, e un altrettanto robusto +9% l’Australia che arriva a quota 13 milioni.
Per quanto attiene ai consumi, la situazione appare ormai stabilizzata da otto anni. Nel 2016, in base ai conteggi dell’Oiv, si è arrivati a 242 milioni di ettolitri, un dato che non si discosta della media quinquennale ma che resta a parecchia distanza dai 250 milioni registrati prima della Grande recessione del 2009. Gli Usa restano il primo paese consumatore con una quota del 13% del dato globale. Seguono con l’11% la Francia e con il 9% l’Italia. Cresce il consumo di vino in Cina, con 17,3 milioni di ettolitri e il 7% di quota, meno della Germania, all’8%, ma più del Regno Unito dove il 2016 ha fatto segnare un consumo di 12,9 milioni di ettolitri.
La classifica basta sulle medie pro capite (il dato è fermo al 2015) vede ancora in testa il Portogallo con 54 litri, davanti a Francia e Italia rispettivamente con 51,8 e 41,5 litri.
Contrastato, infine, l’esito del commercio mondiale, che rivela nel bilancio dell’anno scorso un lieve calo dei volumi, con 104 milioni di ettolitri (-1,2%), ma un incremento dei corrispettivi valutari. L’interscambio di prodotti enologici ha movimentato un flusso monetario di 29 miliardi di euro, in crescita del 2% anno su anno. I flussi fisici certificano una tenuta dei vini in bottiglia, che rappresentano il 54% delle movimentazioni globali, e una flessione del 4% degli sfusi, al 38% di incidenza. Balzano all’8% spumanti, Champagne e vini effervescenti, l’unica categoria che ha fatto segnare un progresso rispetto al 2015, spuntando un 7% di crescita.
Al trio di testa, costituito da Spagna, Italia e Francia, le statistiche attribuiscono il 55% dei volumi di esportazione. La lista prosegue con Cile, Australia, Sud Africa e Stati Uniti, mentre i dati valutari assegnano la leadership alla Francia, con il 28% di quota, davanti all’Italia (19%) e alla Spagna. In testa alla lista dei paesi importatori restano la Germania per volumi e gli Usa per valori. Secondo il Regno Unito, ma a crescere è soprattutto la Cina con un 45% in più dei quantitativi 2015. Il Dragone è adesso il quinto paese importatore e il quarto tra i top-spender. Nel 2016 Pechino ha acquistato dall’estero 6,4 milioni di ettolitri tra vini e spumanti, staccando un assegno di 2 miliardi e 143 milioni di euro.
Paolo Ferrante