Parola d’ordine: innovare. La Nuova Zelanda è un paese produttore di vino che cerca di farsi largo nel mercato mondiale riservando particolare attenzione alle richieste dei consumatori. Cosa vorrebbe chi beve vino oggi, che ancora non trova? Un prodotto buono e corposo, fatto con metodi tradizionali, ma con meno alcol e meno calorie.
È uno dei nuovi e più interessanti trend di consumo (che non riguardano solo il vino) soprattutto dei mercati nordamericano, nordeuropeo e australiano, quelli che interessano la Nuova Zelanda. Et voila: il ministero per le Industrie primarie del Paese, insieme a NZ Winegrowers, l’associazione nazionale dei produttori di vino, e a 15 cantine private hanno messo in piedi un progetto imponente per creare i Lifestyle wines. Nome ancora provvisorio per indicare una serie di vini profumati e buoni al palato, come i tradizionali, ma con meno contenuto di alcol. Ottenuti non chimicamente, ma attraverso un cambiamento di coltivazione, raccolta e vinificazione. Naturali, insomma.
Il progetto ambizioso durerà sette anni (è iniziato nel 2014), per un maxi finanziamento di circa 9 milioni e mezzo di euro, con resoconti trimestrali sulle attività svolte e il dettaglio dei fondi impiegati per realizzarle, nel segno della massima trasparenza. Secondo le previsioni degli ideatori, i Lifestyle wines potranno portare a un aumento di vendite dei vini neozelandesi nel mondo pari a 285 milioni di dollari l’anno (160 milioni di euro).
Nell’articolo integrale che potete leggere sul numero 30 de Il Corriere Vinicolo trovate le interviste ai responsabili del progetto, che lo descrivono nel dettaglio. In tutte le sue potenzialità, ma senza nascondere le difficoltà. Perché, come spiega Simon Hooker, di NZ Winemakers, “coltivare la vite per ottenere vini con basso contenuto alcolico è molto difficile, perché impone di rallentare lo sviluppo degli zuccheri nel frutto, che da una parte sono responsabili del livello alcolico, ma dall’altra contribuiscono a ridurre l’acidità. C’è un punto, in questa ricerca di equilibrio, in cui il vino smette di essere vino. La nostra sfida sta nell’individuare invece il punto in cui si realizza l’equilibrio ideale tra sapore, dolcezza e contenuto alcolico”.
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