di Sebastiano Di Maria
Nella splendida cornice della nuova cantina “Produttori Riuniti Pian di Mare”, nel comune di Villamagna, nell’entroterra teatino, nuovo gioiello di un territorio vitato che vanta due cantine sociali e otto produttori privati che dal 2011 possono fregiarsi della relativa Doc, tra festeggiamenti e tagli di nastri, c’è stata l’occasione per far il punto sullo stato dell’arte sul vino simbolo, il Montepulciano d’Abruzzo. Nell’importante appuntamento che ha messo insieme la grande cooperazione, simbolo dell’enologia regionale con l’80% della produzione, e i tanti produttori privati, in una terra vocata che ha dalla sua una storia importante sull’autoctonia viticola, si è cercato di capire come, attraverso il Montepulciano, vitigno che occupa ben il 57% dei 32.000 ettari vitati regionali, si possa cristallizzare, con scelte condivise, questo straordinario patrimonio a brand di successo nazionale e internazionale.
Un primo quadro d’insieme l’ha dato Maurizio Odoardi, responsabile dell’ufficio vitivinicolo regionale, ponendo l’accento sulla cooperazione, “che gestisce l’80% di una produzione pari a circa 3,5 milioni di ettolitri di vino (2013), di cui 1 milione di Montepulciano”. Secondo il funzionario regionale, “poiché il Montepulciano, seconda Doc in Italia per volumi dopo il Prosecco, rappresenta una forza, ma al contempo anche un problema nella gestione”, sono auspicabili, per razionalizzare il comparto, “la riduzione dei costi e un miglior approccio al mercato facilitando l’aggregazione, favorita anche dai nuovi PSR, per agevolare l’acquisto dei mezzi della produzione e la realizzazione di centri di stoccaggio, affinamento e imbottigliamento”.
Anche il tecnico Romano D’Amario, agronomo ed enologo d’esperienza, è partito dal concetto di cooperazione come risorsa, “grazie alla possibilità di poter contare su uve di diversi areali viticoli e, quindi, con la possibilità di lavorare con masse diverse in vinificazione che esprimono terroir diversi”, concetto che conferma un’abitudine sempre più comune di de localizzare i vigneti da parte dei produttori privati. Lo stesso consulente, poi, prima pone l’accento sulla nutrizione minerale, spesso dimenticata, che sta portando a squilibri, “sono indicativi, in tal senso, gli avvizzimenti nel vitigno Pecorino già alla fine di luglio”, per poi lanciare una provocazione con la “trebbianizzazione” del Montepulciano, ossia “la selezione di cloni che meglio si adattano ai mutamenti climatici in atto, in modo da avere periodi più lunghi con le migliori caratteristiche qualitative delle uve, oggi ridotto al lumicino”.
In tal senso è stato anche l’intervento di Matteo Gatti, ricercatore dell’Università di Piacenza, che ha messo a confronto le tecniche tradizionali e quelle innovative per la gestione razionale del vigneto in un contesto di cambio climatico. Oltre l’aspetto tecnico e organizzativo del comparto, non poteva mancare anche l’approccio al mercato, e i dati esposti da Fabio Piccoli alla platea, ne sono testimoni. Anche il giornalista di Wine Meridian, si è soffermato sulla cooperazione e sul suo valore, e di come “una dicotomia, con i produttori privati, fatta con equilibrio e priva di prevaricazioni, può essere la sfida vincente per la regione, attraverso la costruzione di un modello Abruzzo che sia sempre più forte e riconoscibile, utilizzando i fondi dell’Ocm per una promozione collettiva”.
All’enologo Romeo Taraborelli, infine, sono toccate le conclusioni dell’importante appuntamento. Il consulente, ha racchiuso in un unico concetto quello che secondo lui è la chiave per la svolta definitiva, “la modifica del disciplinare per escludere chi fa Montepulciano da 1 €, numeri piccoli che ne frenano la consacrazione”, come a dire che il peggior nemico e chi vende male il vino.