Parlando con i giornalisti della testata tedesca Meininger, Rob McMillan, Executive Vice President e fondatore della divisone vino della Silicon Valley Bank, ha suggerito che il peso dato ai Millennials dalla stampa in fatto di consumi di vino è stato negli ultimi anni forse esagerato.
E’ pur vero, sostiene il manager del gruppo finanziario californiano, che l’industria internazionale del vino sta guardando con interesse a quello che sarà il mercato del futuro, ma oggi per consumi la generazione dei nati tra il 1980 e il 1985 è pressoché sempre nelle posizioni più basse della classifica.
La “schiacciante evidenza” è invece che i baby boomer dominano ancora nei consumi di vino e che, invece, l’impatto dei più giovani si nota soprattutto nel mercato della fasce di prezzo più basse (McMillan cita i vini venduti tra gli 8 e i 14 dollari), proprio perché i Millennial non sembrano essere oggi disposti a spendere troppo per un vino; “se vedono un vino venduto a 11 dollari al bicchiere e una birra premium a 6 dollari, ci sono più probabilità che scelgano la birra”… e altrettanto difficilmente ordineranno in un ristorante una bottiglia da 50 dollari se la stessa è venduta al dettaglio alla metà di questo prezzo.
I Millennials si stanno avvicinando oggi al vino e sono in una fase che McMillian definisce “di scoperta”: parlano vino, s’informano, ne sanno forse di più dei loro genitori, ma sono allo stesso tempo impazienti e scelgono in modo ambivalente. In questo senso si può leggere, ad esempio, la popolarità dei ‘red blend’ tra i giovani, vini facili, che non vanno a richiamare nozioni care ai baby boomer quali vitigno, annata zona di produzione; vini che i giovani scelgono mettendo il loro palato “nelle mani” dei grandi produttori, capaci creare miscele appetibili, anche se non particolarmente connotate.
E nel futuro? Per questioni anagrafiche i giovani stanno pian piano sostituendo “uno a uno” i consumatori più anziani: come cambierà quindi il mercato in mano ai “frugal” Millennials?
FEB