Un calo atteso, in un anno – il 2012 – nero per i consumi di vino in Italia, che ha visto crollare le vendite in Gdo per la prima volta da molti anni. Neppure la spumantistica va esente dal trend al ribasso, anche se in un quadro di stagnazione ci sono elementi che sembrano porre le basi per un futuro quanto meno migliore. Per il TrentoDoc il 2012 è a due volti: a un calo a volume in Gdo del 4% (2,4 milioni di litri), si accompagna una riduzione dei valori del 6%, a 33,5 milioni di euro: l’equazione dice – e questo è il lato positivo – che i prezzi sono stati tenuti fermi rispetto al 2011, quindi la tentazione di svendere è stata allontanata, preferendo tener duro piuttosto che intaccare l’immagine del marchio comune.
Sono queste le principali evidenze emerse nell’ambito della 77° Mostra vini del Trentino, durante la quale sono state presentate presso la sede della Cciaa di Trento due indagini che hanno fatto il punto sulla diffusione del TrentoDoc in GDO e sul canale Ho.Re.Ca. trentino (bar e ristoranti).
La Gdo
Realizzata in collaborazione con IRI, la ricerca sulla GDO si è proposta di valutare quote di mercato e posizionamento del TrentoDoc presso un campione rappresentativo di esercizi. Si stima infatti che attraverso il canale transiti almeno un terzo del valore commercializzato di metodo classico italiano e poco meno della metà del Trentodoc prodotto. Dai dati raccolti nel corso del 2012 – presentati da Adriano Zanotelli, direttore dell’Ufficio prodotti di Palazzo Roccabruna – le bollicine trentine sono leader nel segmento “spumante metodo classico” con una quota di mercato pari al 51% delle vendite, equivalente a 33 milioni di euro. Sebbene il 2012 sia stato caratterizzato da una generale contrazione dei consumi con una flessione dei volumi di metodo classico del 6,2% su base annua, il Trentodoc con un -4,2% ha saputo difendersi meglio dei concorrenti che hanno lasciato sul terreno complessivamente un 8%. In un comparto piuttosto segmentato come quello delle bollicine classiche (184 referenze complessive di cui 21 di TrentoDoc) pochi sono i produttori di maggior rilievo (tre aziende rappresentano l’81% del fatturato di settore) e la competizione è sostanzialmente ristretta a 15 case spumantistiche (di cui 6 trentine).
Quanto ai consumi, essi si concentrano soprattutto nei periodi delle feste. Sommando le vendite di TrentoDoc di gennaio 2012 e di dicembre 2012 si ottiene il 57% dei volumi e il 54% del valore commercializzato: lo stesso vale per il metodo classico italiano che fa registrare rispettivamente il 45% e il 43%. Il resto è venduto a volumi costanti durante tutto l’anno, fatta eccezione per un lieve incremento primaverile in concomitanza con le feste pasquali e le cerimonie familiari.
Dal punto di vista dei canali distributivi la quota maggiore di metodo classico italiano è veicolata dai supermercati (66% dei volumi), mentre il “libero servizio piccolo” (fino a 399 mq di superficie di vendita) e gli ipermercati detengono rispettivamente il 10% e il 24%.
La distribuzione per regioni
Per quanto riguarda la distribuzione geografica emerge un’ampia diffusione del Trentodoc su tutto il territorio nazionale. Nello specifico è il Nord ad assorbire la quota maggiore: poco più della metà del prodotto (Nord ovest: volume 47%, valore 38%; Nord est: volume 15%, valore 20%; Centro + Sardegna: volume 28%, valore 24%; Sud: volume 10%, valore 18%).
La Lombardia si guadagna il primato per la presenza delle bollicine trentine (un terzo del totale commercializzato), seguita da Toscana (10,3%), Lazio ed Emilia Romagna (rispettivamente al 9,7% e 9,8%). D’altra parte l’area lombarda è anche quella più importante per la commercializzazione del metodo classico nazionale con il 32,9% di volumi; nella sola Milano si concentra il 15,6% del fatturato di settore.
Più che soddisfacente l’andamento nei punti vendita trentini che sanciscono il primato del Trentodoc. Le bollicine made in Trentino fanno registrare un ragguardevole +15,5% in volume rispetto al 2011, in assoluta controtendenza rispetto ai trend generali nazionali. Il dato è ulteriormente rafforzato dal risultato negativo dei marchi di spumante metodo classico non trentini (-11,1%), che oramai detengono un esiguo 3% del mercato provinciale.
Nonostante il periodo particolarmente difficile, dall’analisi dei prezzi emerge un quadro confortante. Le 21 referenze di Trentodoc presenti in GDO hanno segnato una flessione media dello 0,19% su base annua. Il prezzo medio registrato si attesta sui 10,55 Euro a bottiglia e sale a 13,88 Euro per la categoria Rosé e a 18,26 Euro per le Riserve (queste ultime marcano un +4,7% rispetto al 2011). La tenuta del valore è dimostrata anche dal fatto che ben 14 etichette su 21 hanno esibito prezzi superiori alla media e quelli minimi registrati in promozione non sono mai scesi sotto i 6,8 Euro a bottiglia.
L’Ho.re.ca.
Per quanto riguarda il canale Ho.re.ca in provincia di Trento, l’indagine, realizzata in collaborazione con CRA-Milano e presentata dalla dott.ssa Stefania Farneti, ha preso in considerazione un campione di 540 esercizi, rappresentativi dell’intera realtà trentina. Sul piano della notorietà emerge che il 42% dei ristoranti e il 38,7% dei bar conoscono il marchio Trentodoc e lo associano correttamente ad uno spumante trentino. Buona è la presenza del prodotto nei ristoranti: se il 95,7% di essi tratta spumante e l’81,3% anche Prosecco, il 75,7% propone Trentodoc, seguito da Champagne (28,2%) e Franciacorta (18,7%). Si individuano così due macrocategorie, cui corrispondono anche livelli di prezzo diversi che vedono, in genere, nella fascia alta il metodo classico (Trentodoc, Franciacorta, Champagne) e in quella più bassa il metodo Charmat (Prosecco). Un primato del Trentodoc è quello del maggior numero di etichette in carta vini: il 15,6% dei ristoranti a campione ne ha più di 5.
Nei bar, dove differenti sono le occasioni e le modalità di consumo, la situazione per le bollicine trentine cambia: meno della metà, il 48,6%, propone Trentodoc a fronte di un 94,5% che tratta spumanti, un 87,4% che ha in lista il Prosecco, un 10,6% lo Champagne, un 8,2% il Franciacorta e ben il 40,06% che tratta solo spumanti non trentini.