La Vernaccia compie di cinquant’anni di denominazione di origine, ottenuta nel 1966 come primo vino italiano. Ma la sua storia è assai più antica, visto che la si trova attestata già in un documento del 1276. Il traguardo è stato naturalmente celebrato in occasione dell’Anteprima che si è tenuta a San Gimignano. Per questa undicesima edizione dell’anteprima il Consorzio ha deciso di variare la formula del consueto confronto tra Vernaccia e altri vini bianchi provenienti da altri paesi, per concentrarsi su una degustazione di 10 Vernaccia di varie annate e aziende. Il lavoro di confronto con altri territori ha molto aiutato i produttori a trovare una propria strada. La Vernaccia non è un vino facile infatti, dal momento che è un vino bianco da invecchiamento e dal carattere particolarmente austero. E i produttori molto hanno fatto per far capire ai consumatori italiani e internazionali che la Vernaccia non è un vino bianco da aperitivo o da pesce. Allo stesso tempo buona parte dei produttori di San Gimignano – anche grazie ai confronti tenutisi negli anni passati – sembra aver imboccato una strada ben precisa e le 10 Vernaccia che hanno sfilato nella Sala Dante del Palazzo Comunale lo hanno dimostrato. Ci sono in effetti ancora vini che si distaccano dallo stile austero giocando più sui profumi, ma nel complesso i vini selezionati da cinque giornalisti che conoscono a fondo il territorio hanno dimostrato che il lavoro che questi anni ha portato risultati importanti.
Dal punto di vista dei mercati, anche la Vernaccia conferma la propensione verso l’export che contraddistingue praticamente tutti i vini vini toscani. L’export della Vernaccia infatti è pari al 52% del fatturato totale delle aziende. In Europa è la Germania il paese che acquista le maggiori quantità di Vernaccia, seguita da Svizzera, Inghilterra, Olanda e Belgio. Ma il mercato principale resta quello statunitense, dove nel 2015 è approdato un milione dei 5,5 milioni di bottiglie prodotte. A livello italiano, invece, è San Gimignano stesso che rappresenta il maggior sbocco di mercato, sia con la vendita diretta delle aziende che attraverso i ristoranti e i negozi del centro cittadino e delle campagne intorno.
Il Consorzio e i produttori infine hanno da qualche anno deciso di concentrare la propria attenzione non soltanto sull’innalzamento qualitativo dei vini, ma anche sulla salvaguardia del territorio mettendo in campo una ricerca il cui scopo è l’abbattimento – per quanto possibile – delle emissioni di CO2 dovute alla filiera della Vernaccia e degli altri vini. Si è appena conclusa la seconda fase di un progetto inaugurato nel 2014 che ha appunto l’obiettivo di tracciare il profilo ambientale della Vernaccia misurando il Carbon Footprint. Il Consorzio si è affidato a Indaco2 srl, spin-off dell’Università di Siena, che ha preso in esame l’intera filiera produttiva, dal vigneto fino all’imbottigliamento, e ha calcolato che l’impronta carbonica per una bottiglia di Vernaccia da 0,75 è di 0,80 kg CO2eq. Il risultato è confortante perché risulta ampiamente al di sotto della media nazionale per i vini bianchi, che è pari a 1,31. Questo tuttavia è il punto di partenza sul quale i produttori devono da ora in poi lavorare per poter abbattere le emissioni. Lo studio ha infatti indicato quelli che sono i punti più delicati della filiera vitivinicola. I lavori in vigna incidono per il 29% dell’impatto ambientale, contro il 18% dei lavori di cantina e il 53% delle fasi di confezionamento del prodotto. Dunque è proprio sulle fasi finali della filiera che i produttori dovranno concentrarsi per poter abbattere le emissioni. Il Consorzio sta per iniziare a promuovere tra i propri associati tutta una serie di buone pratiche che vanno dall’uso di combustibili e macchinari alle quantità e tipologie di fertilizzanti, dall’utilizzo di energie rinnovabili alla razionalizzazione dell’acqua e di materiali per il confezionamento. L’obiettivo finale del Consorzio è quello di arrivare nel corso di questo anno a una Vernaccia “carbon neutral”, ossia ottenuta con una produzione le cui emissioni siano compensate all’interno delle stesse aziende. Sarebbe proprio un bel traguardo per questi cinquant’anni appena festeggiati.
Patrizia Cantini