Della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21), conclusa da poco, i mass media hanno enfatizzato i pesanti allarmi sul futuro del clima, che ormai da anni preoccupano molte persone, in particolare chi col meteo deve fare i conti per lavoro, come i viticoltori. Per non limitarci a ripetere le notizie già ampiamente diffuse, abbiamo chiesto a un vero esperto di fare le sue riflessioni ponderate, che mettessero in rapporto il clima con la viticoltura, e quello che ne è emerso è un quadro più sereno, rispetto a quello dipinto da altre fonti.
L’autore dell’articolo è Luigi Mariani, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano e professore di Storia dell’Agricoltura all’Università degli Studi di Milano-Disaa, ateneo per il quale è stato anche docente Agrometeorologia e Agronomia. Dunque, preparato non solo su quello che è il clima oggi, ma anche sulla sua storia in relazione all’agricoltura, e quindi anche alla viticoltura. Perché è analizzando i fenomeni in un arco temporale più ampio che gli si dà il giusto peso.
Nel testo si analizza quella che è la “macchina del clima”, ovvero i tre elementi chiave su cui si basa, che sono: l’equilibrio energetico, la circolazione atmosferica e l’effetto serra. Guardando al passato, si sfatano alcuni miti, come quello dell’idea di un clima benigno prima che l’uomo rovinasse tutto con le sue azioni. La paleoclimatologia mostra invece come nella storia dell’uomo ci siano state fasi calde, chiamate “optimum”, ideali per l’agricoltura, che si sono alternate a fasi di deterioramento climatico, nelle quali le coltivazioni hanno sofferto parecchio a causa del freddo e dell’eccesso idrico. E questo molto prima dell’industrializzazione.
Analizzando la storia della viticoltura in Europa, da quando si è insediata fino ai giorni nostri, si evidenziano tre fenomeni fondamentali che la caratterizzano: una rilevantissima variabilità interannuale, una ciclicità sessantennale, frutto dell’alternarsi di fasi fredde e fasi calde nelle temperature delle acque superficiali dell’Oceano Atlantico, e il trend di crescita della temperatura in atto dalla fine della piccola era glaciale (1850 circa), questo sì, con ogni probabilità influenzato dalle attività umane.
Alla luce di questa approfondita analisi, si possono tracciare alcuni scenari futuri interessanti per i viticoltori, che si possono leggere nell’articolo integrale, pubblicato sul numero 6 del Corriere Vinicolo. Per riportarne solo uno, da una serie di segnali provenienti dagli altri oceani, si può dedurre che la fase attuale caratterizzata da temperature dell’Atlantico al di sopra della norma stia per finire e che ci si stia avviando verso una nuova fase fredda. Ciò lascia presagire una diminuzione delle temperature europee simile a quella verificatasi negli anni ’50 e ‘60 del XX secolo.
Scarica la APP per iOS e Android e acquista il Corriere Vinicolo n. 6/2016 contenente la versione integrale di questo articolo
Guarda la demo del Corriere Vinicolo