Il disciplinare più contestato e combattuto della storia vinicola d’Italia, quello dell’Igt Emilia, sta per approdare, nella sua nuova (e forse definitiva) formulazione, alla pubblica assemblea, che si terrà il 9 ottobre a Modena. Qui si discuterà delle modifiche sostanziali, quelle che hanno fatto litigare produttori di mezza Italia, tra esclusi e inclusi nel Lambrusco, o meglio nella possibilità – in scadenza il 31 dicemnbre di quest’anno – di frizzantare il vino rosso emiliano al di fuori della zona di produzione. La nuova versione del disciplinare – dopo la bocciatura in Comitato vini l’anno scorso – ci riprova, sancendo l’allargamento della zona di vinificazione anche alle Province di Ravenna e Forlì-Cesena e al territorio imolese, oltre alle province extra emiliane di Cremona e Mantova.
Per quanto riguarda l’imolese, o meglio la parte di provincia di Bologna al di là del fiume Sillaro, finora non ricompresa nel disciplinare, essa è stata inserita in zona di produzione delle uve (e quindi automaticamente abilitata alle operazioni di cui sopra, vinificazione e frizzantatura), mentre è stata al tempo stesso esclusa dalla possibilità di impiantare vigneti di Lambrusco.
Dalla lista restano eslcuse tutte le province e territori che – pur confinando con la zona di produzione – non essendo citate nel disciplinare dovranno dire addio al Lambrusco: leggi Veneto e Piemonte. Giova ricordare che – per una stranezza della legislazione comunitaria – per le Igp non vale il principio dell’anzianità dimostrabile di produzione del vino, cosa che aveva per esempio “salvato” tutti i piemontesi all’epoca della definizione della zona della nuova Doc Prosecco. Una vera stranezza, in quanto consente deroghe più ampie a vini che in teoria sono su un gradino superiore nella piramide qualitativa, mentre un ragionamento lineare dovrebbe prevedere il contrario: meno vincoli per le Igp, zone più blindate per i Dop.