I positivi risultati di mercato (le vendite nel 2011 hanno toccato i 107 milioni di bottiglie), non aiutano il mondo dell’Asti, che torna a contorcersi nella solita spirale di contraddizioni.
Anche le novità scaturite dall’Assemblea del Consorzio dell’Asti nel maggio scorso, con le importanti novità in Consiglio di Amministrazione, hanno dato un contributo favorevole che è durato pochissimo.
Sarà l’avvicinarsi delle trattative nella Commissione Paritetica (inizio previsto nella settimana del 9 luglio), sarà la questione del Comune di Asti nella zona di origine delle uve, il fatto è che nel convegno di Neviglie del 7 luglio scorso l’aria dei contrasti è tornata di attualità.
Già il titolo del convegno era provocatorio: “La denominazione Moscato d’Asti ha ancora significato oggi? Se sì, quali garanzie per il territorio di origine?” Lo sviluppo dei lavori però ha evidenziato problemi ben maggiori.
Interessante il parterre dei relatori: Mario Fregoni, presidente onorario dell’OIV, Enrico Zola in rappresentanza dell’assessore all’Agricoltura del Piemonte, l’attuale direttore del Consorzio Giorgio Bosticco e quello storico, Ezio Pelissetti, che oggi guida Valoritalia, Giovanni Satragno, presidente dell’AssoMoscato e Giovanni Borriero, presidente dell’Associazione Comuni del Moscato, oltre naturalmente al padrone di casa, Roberto Sarotto, sindaco di Neviglie. Ha coordinato i lavori Sergio Miravalle, giornalista, esperto anche in tematiche vitivinicole.
Il tema del confronto, in realtà, è stato la denominazione “Asti”. I nodi del contendere hanno spaziato dalla prossima Paritetica, al prezzo delle uve anche in relazione alla qualità, dall’infinita diatriba del “sì” e del “no” all’ingresso del comune di Asti in zona di origine, alle recenti richieste di incremento della zona di origine e della superficie vitata. In proposito, da più parti si è chiesto, come è noto, un aumento fino a 1.000 ettari. L’obiettivo: far fronte alla crescente domanda, soprattutto americana, la cosiddetta “moscato-mania”.
Nell’intervento introduttivo, Mario Fregoni si è limitato a ricordare significato e importanza del “terroir”, inteso non solo come “suolo”, ma come sintesi tra terreno, clima, vitigno e la componente fondamentale “uomo”.
Enrico Zola ha ricordato come la Regione sia impegnata a meglio conoscere il “terroir” del Moscato. L’iniziativa – condotta prima nel Barolo e Barbaresco – tende a integrare le foto aeree della zona con alcuni parametri come l’altimetria, la giacitura, la pendenza e l’esposizione e individuare così l’idoneità all’impianto e alla coltivazione del Moscato. Questo permetterà in futuro di passare da valutazioni soggettive a classificazioni oggettive che potranno a priori definire i terreni dove si potrà ancora impiantare Moscato.
Articolato l’intervento di Ezio Pelissetti che ha fatto un excursus storico della denominazione per far capire perché negli anni Trenta non si sia sentita la necessità di inserire il territorio di Asti in questa zona di origine. Allora, esisteva nella mentalità comune il concetto di “vigneto Asti” che identificava la situazione ampelografia del Piemonte meridionale. Nessuno si poneva la questione del “comune di Asti” e ancor meno della provincia, che sarebbe stata istituita negli anni successivi.
In proposito, Pelissetti ha ribadito che è fuori luogo, nonostante il trend positivo, oggi parlare di ampliamento della zona o anche solo di aumento della superficie vitata. Prima va fatta un’analisi serie sugli sviluppi del mercato dei due vini (Asti e Moscato d’Asti) nei prossimi anni.
A Pelissetti ha sostanzialmente risposto l’attuale direttore Giorgio Bosticco, che ha ricordato come attualmente il Consorzio dell’Asti abbia incaricato Eurisco di valutare il trend dei principali mercati mondiali e definire il profilo del consumatore dell’Asti e del Moscato d’Asti. Quando si avranno questi dati – probabilmente a novembre 2012 – la filiera dell’Asti disporrà degli strumenti adatti per decidere se aumentare o meno la zona, la superficie e la produzione.
Assai critico è stato l’intervento di Giovanni Satragno, presidente di AssoMoscato. Sulla questione “Comune di Asti” nella zona dell’Asti è stato categorico: la sua associazione si opporrà in tutte le sedi possibili al provvedimento del 16 maggio 2012 che ha sancito l’inclusione di Asti nella zona. Anche sui risultati della Commissione Paritetica Satragno è parso pessimista, seppure deciso a lottare. Da un lato, teme di non ottenere un adeguato incremento del prezzo delle uve e, dall’altro, non crede alla disponibilità delle case spumantiere di introdurre davvero la valutazione economica delle uve in base alla qualità.
Quanto alla questione del comune di Asti, sulla stessa lunghezza d’onda si è dichiarato Giovanni Borriero a nome dell’Associazione Comuni del Moscato. Borriero è stato ancora più categorico: Asti sì, ma solo in modo simbolico, con il coinvolgimento dei terreni della Scuola Agraria.