Cari colleghi, signori soci,
UIV persegue lo scopo di tutela, coordinamento e rappresentanza dei legittimi interessi generali, morali e materiali della filiera vitivinicola: imprese del vino, prodotti, tecnologie e mediatori. Tale azione è espletata: mediante assistenza e consulenza ai soci nelle questioni legislative, economiche e tecniche, concorrendo alla difesa e al progresso delle attività del ciclo economico del settore vitivinicolo nazionale.
In oltre cento anni di attività a servizio della filiera vitivinicola italiana, UIV ha maturato caratteri distintivi unici, diventando: interfaccia autorevole tra le imprese della filiera, le istituzioni e il mercato, leva competitiva strategica per le imprese del vino italiano.
Immaginare o, peggio, volere UIV associazione e azienda restii o immobile ai cambiamenti, significa rinunciare al suo ruolo di strumento strategico e altamente qualificato al servizio delle nostre imprese e di tutti gli operatori del settore vitivinicolo italiano.
UIV: La casa di tutti nell’Italia del Vino
Nell’ambito dell’azione di rappresentanza istituzionale della filiera vino, in Italia, UIV è un’associazione “unica”. Unicità che deriva dalla centralità del vino nella sua azione e dalla convergenza univoca sul vino da parte delle imprese associate. Di là delle differenze e diversità di dimensione, struttura o assetto proprietario, tutte le imprese in UIV sono accomunate dal vino. Questo conferisce al nostro progetto associativo l’incredibile forza di essere il tavolo dove tutti possono confrontarsi e si raffrontano, dove tutti gli interessi trovano e possono trovare corretta compensazione e composizione.
UIV, con logica di categoria e sintesi d’interessi, a volte in conflitto tra loro, parlando in nome di un complesso d’imprese, di fatto, è l’unica associazione che risponde all’esigenza di organizzazione di filiera e consente di far parlare il settore con un’unica voce.
UIV ha in sé un moderno DNA del fare rappresentanza, da sempre, un format unico per tutti, tagliato su misura e sulla specificità che è il vino e che risponde concretamente all’esigenza di una rappresentanza che calza perfettamente sulla questione comune, di là dalla diversità di genere, organizzazione e struttura delle singole imprese. Diversi ma eguali.
Avere sotto lo stesso tetto tutte le forme d’impresa del vino italiano non è una condanna, ma il cardine per una rappresentanza responsabile e compiuta. Contribuisce alla sintesi e va giudicato positivamente. Poter scrivere lettere e parlare nel nome dell’insieme multiforme delle imprese del vino italiano conferisce ad UIV valenza politica unica e fondamentale nel nostro settore. La nostra forza, pur mantenendo le imprese forti identità distinte, sta nel poter far lavorare tutti, insieme nel nome di una convergenza per un obiettivo comune: il vino!
Si potrà obiettare che si tratta di un indirizzo ambizioso ma non è certo mirato a radere al suolo il mondo della rappresentanza. Non amo il Far West, ma bisogna però che il modo di fare rappresentanza sia adeguato ai bisogni odierni.
UIV va oltre le posizioni politiche, anche ben distinte, agganciandole alle esigenze vere degli interessati. Questo la differenzia da altri modelli di rappresentanza che, in nome d’interessi politici diversi, non sempre consentono di avviare a soluzione i problemi e così sui tavoli si perpetua il rito per cui c’è: chi dice, chi obietta, chi parla per interessi politici e chi porta avanti logiche conservatrici di una certa politica spartitoria di risorse.
L’attività politica di UIV sobria ma determinata è basata sulla forza delle idee e delle proposte che nascono dal confronto che la nostra associazione garantisce. Per sua natura: completo e totale, che consente una gestione progettuale di grande dignità e prestigio. Queste caratteristiche sono tra le principali ragioni della credibilità di UIV e della sua rappresentatività degli interessi complessivi di tutta la filiera vitivinicola italiana.
Una rappresentanza decisa, con nessuna intenzione di egemonia su altre organizzazioni e nessuna voglia di radere al suolo la filiera unica, è il riferimento nell’azione politica di UIV.
Autodisciplina, autocontrollo e assunzione di responsabilità a base dell’azione politica.
Autodisciplina, autocontrollo e assunzione di responsabilità pagano non solo in termini d’immagine del settore, ma soprattutto nelle ricadute economiche positive che una comprovata credibilità assicura. Quando UIV dichiara che totalità del vino italiano è rappresentata da vino di qualità autentica e che solo una piccolissima frazione percentuale è a rischio irregolarità, può farlo in maniera oggettiva e accreditata, non solo politicamente.
L’autocontrollo e l’autodisciplina del settore devono tradursi nel contrasto alla concorrenza sleale, “etica vissuta” oltre lo slogan. In questo senso la profonda azione di monitoraggio della qualità a scaffale condotta da UIV in Italia ed estesa anche all’estero è esperienza di attiva difesa dell’immagine del vino italiano e di contrasto alla concorrenza sleale. L’azione dei laboratori UIV, in termini di strategia sindacale, assicura un reale contributo di tutela all’efficienza e competitività del sistema Italia del Vino.
Difendere la storia e le denominazioni del vino italiano sui mercati attua il mandato dello Statuto associativo.
L’Italia del vino è vitale, impegnata e responsabile. La responsabilità è coscienza del ruolo, discrezione nell’uso degli strumenti disponibili, capacità di previsione e attitudine di rendere conto delle proprie azioni, avendo chiaro che c’è una gerarchia nei compiti e nei ruoli e che ci sono regole, sopra di noi, alle quali si obbedisce. Regole che consentono uno sviluppo equilibrato del nostro settore, efficienza e trasparenza del mercato, competitività delle imprese, valorizzazione del merito e premio dei talenti.
Su questi valori, cui ciascuno s’ispira, si fonda: il futuro, l’impegno per la crescita del nostro settore e il lavoro in corso per l’introduzione dei principi etici nello Statuto Sociale.
Il punto fermo è che i comportamenti delle imprese associate si assoggettino a comportamenti e azioni “ispirate” ai principi di responsabilità etico – sociale.
Lo statuto associativo fa proprio: “L’impegno delle imprese socie ad atteggiamenti etici, ispirando gli obiettivi dell’impresa al rispetto degli interessi di carattere speciale e generale, cogente e volontario del comparto e di ogni altro soggetto complementare all’azienda e alla cultura del vino, riconoscendo, altresì, l’importanza del rispetto e tutela dell’ambiente”.
OCM
Preparandosi alla verifica dell’OCM vino, nel 2012, le proposte di revisione devono fornire capacità di crescita intelligente, basata sullo sviluppo di una filiera capace d’innovazione; sostenibile ed efficiente nell’utilizzo delle risorse, quindi, competitiva; inclusiva cioè basata su una sempre maggiore coesione economica, sociale e territoriale.
Basandoci sul caposaldo di un’OCM fatta da politiche di valorizzazione della qualità dei prodotti agricoli, fattore strategico per l’Italia, questa deve premiare una produzione fondata sull’eccellenza e la specificità territoriale. E’ nostro interesse che la politica agricola europea sia sempre più orientata al mercato, all’innovazione di prodotto e di processo, alle infrastrutture, alla ricerca secondo una visione omogenea e d’insieme degli interessi in gioco. Non si sviluppa la crescita della cultura agricola se non cresce la capacità degli imprenditori e delle Associazioni di confrontarsi con gli attori di filiera più vicini alle esigenze e alle attese dei consumatori, che hanno tutto l’interesse a valorizzare i prodotti agricoli nazionali, mettendone a valore l’esperienza e la professionalità maturate sul campo.
Siamo contrari all’ipotesi di pagamento unico, che non risolve alcuno dei problemi degli agricoltori. E’ come pagargli una cena: “L’ultima cena”, con la beffa che il valore, ai prezzi correnti, neanche basta a pagarsi la cena.
Mantenere gli interventi diretti al sostegno delle produzioni, rivedendo la composizione delle misure di mercato, può garantire una minor volatilità dei prezzi e un maggior equilibrio tra domanda e offerta. Il sistema dei meccanismi a sostegno del mercato deve creare una rete di sicurezza, che permette di superare in maniera tempestiva ed efficace le eventuali crisi di mercato, come strumento congiunturale e non strutturale.
Le misure di mercato sottendono a una vera e propria politica industriale, nel rispetto della vocazione delle produzioni e dei territori di origine e di un’agricoltura sostenibile, e pertanto devono essere flessibili e riprogrammabili annualmente secondo necessità e nei casi in cui, nell’ambito del mercato, si manifestano particolari situazioni critiche.
Fissata la posizione nazionale, fermamente contraria alla liberalizzazione dei diritti, insieme a un ben nutrito blocco di paesi Europei, e che richiede la proroga del mantenimento dell’attuale sistema di diritti oltre il 2015, è necessario un confronto ampio e libero da pregiudizi sul futuro della PAC dopo il 2013. E’ necessario elaborare un insieme di strumenti articolati, integrati e complementari tra di loro che complessivamente concorrano a una corretta e alternativa valorizzazione delle produzioni vitivinicole nazionali e alla diversificazione degli sbocchi di mercato per le stesse. Misure che, consentendo la gestione di eventuali crisi di mercato congiunturali, in ogni caso, non creino distorsioni di mercato. Per questo è indispensabile “allargare gli orizzonti” e valutare nuovi approcci e nuove soluzioni rispetto alle debolezze strutturali del settore.
La “Vendemmia verde”, che dal 2013 resterà unica misura di gestione del mercato, da sola no è sufficientemente funzionale, intervenendo in un periodo troppo antecedente la vendemmia e in un momento dove l’effettiva quantificazione della produzione è ipotetica; non incide sul miglioramento della qualità reale dell’annata.
In ottica di mercato, è necessario altrettanto implementare le misure del Piano Nazionale di Sostegno riguardanti gli investimenti strutturali affinché si possano intraprendere nuovi percorsi virtuosi nella creazione di reti di vendita e distributive di proprietà delle imprese e nell’aggregazione per sviluppare la competitività nell’eccellenza viticola. Condizioni, entrambe, fondamentali per stare sul mercato.
ENTI DI CERTIFICAZIONE E PIANI DI CONTROLLI: La proposta
Autodisciplina, autocontrollo e assunzione di responsabilità, pagano se attivano le necessarie ricadute economiche positive e per le quali è necessaria una comprovata credibilità.
Su queste basi e per queste ragioni, dopo aver riaperto la partita delle certificazioni delle DO, per il sostanziale e concreto miglioramento funzionale dei piani di controllo, è tempo che la filiera passi da soggetto passivo a soggetto attivo nel sistema di certificazione delle DO, trasformandolo in strumento che contribuisce alla costruzione di valore aggiunto dei nostri vini.
E’ indispensabile che la filiera unita entri direttamente negli enti di certificazione. Un ingresso alla pari rispetto agli altri soci, che consente di avere un ruolo primario nella discussione all’origine di regolamenti e leggi che riguardano la materia e di definire in modo condiviso e costruttivo le modalità di formazione delle tariffe.
La proposta è semplice: costituire insieme, alla pari e con reciprocità, una società di scopo che entra nell’azionariato degli enti di controllo.
Innanzitutto, questo sgombererebbe definitivamente il campo dal sospetto che le aziende abbiano ostacolato tutti i decreti finora messi in atto solo perché non vogliono essere controllate. Niente di più falso. Lo dimostra proprio la proposta che avanziamo.
Il sistema di controllo, come si è evoluto in Italia con enti diversi a certificare la produzione, ha insito in sé il rischio d’incoerenze che possono gettare ombre su tutto il vino italiano e creare il sospetto (soprattutto all’estero) che, secondo la DO, si possa operare in maniera differente, minando così alla base il concetto di valore del controllo e l’autorevolezza del sistema.
Se nella compagine azionaria degli enti di certificazione è presente un soggetto comune: la rappresentanza delle aziende, questo non fa altro che assicurare uniformità e stabilità di sistema, a garanzia di tutti, dal produttore al consumatore finale. Nessuno più di noi è interessato a che il sistema sia trasparente, sicuro ed efficiente.
I regolamenti applicativi delle certificazioni per le DO, imposti per decreto, hanno avuto bisogno di essere ridiscussi per renderli funzionali; c’è bisogno ancora di altro lavoro per apportare correttivi, eliminare ridondanze e rigidità burocratiche dai piani di controllo e questo va fatto lavorando insieme, concorrendo.
L’esperienza e gli errori accumulati con i piani delle DO devono essere “buon insegnamento” nello scrivere i piani di controllo delle IG che devono essere snelli non solo a parole e principi, ma nei fatti e nella realtà operativa.
L’ingresso della filiera negli enti di certificazione va vissuto come l’opportunità straordinaria per un sistema che non appesantisca il carico di burocrazia e di costi sul vino italiano che, con 4 mld di Euro, è la prima voce dell’export agroalimentare e assicura in Italia: 1,2 milioni di posti di lavoro, l’incasso di ingenti importi per tasse e imposte per lo Stato e lo stipendio a centinaia di certificatori gli unici cui, per legge, è garantito un lavoro in questo settore. Un solo centesimo di costo in più, oggi, può essere fatale per la sopravvivenza di 700.000 ettari di vigneto, 450.000 aziende viticole, 25.000 cantine italiane.
Tariffe diverse, da ente a ente e da denominazione a denominazione, come il Corriere Vinicolo ha documentato, sono una distorsione oggettiva di mercato e creano asimmetrie concorrenziali tra le imprese. E’ indispensabile che la fissazione dei criteri e la formazione delle tariffe sia conseguenza di una reale concorrenza e negoziazione con la rappresentanza delle imprese che pagano i conti. L’unico modo per farlo è quello di essere della partita, in modo attivo dentro gli Enti di Certificazione. Enti che, in Italia, sono gli unici soggetti che hanno il privilegio d’incassare per legge le spettanze ancora prima di erogare il servizio. Un privilegio unico, in un paese dove stesso lo Stato per riscuotere i tributi che gli spettano deve spesso rincorrere i contribuenti in giro per il mondo per ottenere il pagamento del dovuto.
Per queste ragioni UIV si adopera affinché tutti quelli che hanno interesse al bene comune della filiera vino italiano, dai vertici delle associazioni di categoria a quelli degli enti di certificazione, concorrano alla dovuta convergenza e intesa per porre fine all’era dello scontro e inaugurare quella del confronto permanente basato su due semplici principi: parità e reciprocità con le imprese.
Su queste basi e in attuazione del mandato sindacale dello Statuto associativo, UIV mette a servizio e nella disponibilità del superiore interesse generale della filiera vino le competenze specialistiche dei propri laboratori per individuare il costo benchmark della certificazione analitica delle produzioni DO affinché l’implementazione di tale obbligo cogente non si scarichi in modo lucrativo sulle decine di migliaia d’imprese del vino italiano.