Lucio Mastroberardino, presidente di Unione Italiana Vini
Carissimi Colleghi,
La vendemmia 2007, con 43 milioni di ettolitri di vino prodotti, passò alla storia come la più scarsa degli ultimi 50 anni. La 2011? Da poco conclusa, con 40,3 milioni di hl, per scarsità di produzione, la vendemmia 2011 batte la 2007 con cui ha molte analogie e qualche significativa differenza.
Le analogie: due vendemmie entrambe molto scarse e tra le più scarse mai registrate; entrambe molto anticipate causa le estati torride e asciutte; entrambe di qualità media tra l’ottimo e l’eccellente; entrambe con i mercati in tensione e sensibili rialzi dei prezzi delle materie prime.
Le differenze. La sorprendente scarsa produzione della vendemmia 2007 fu conseguenza della variabile “ambiente naturale”. Il calo produttivo del 2011, invece, è un decremento strutturale ascrivibile, dopo anni di crollo dei prezzi delle uve, al largo ricorso alle estirpazioni e all’abbandono definitivo dei vigneti da parte dei viticoltori, prevalentemente in Romagna, Puglia e Sicilia, regioni che insieme producono quasi il 60% di tutto il vino italiano. Nelle ultime tre campagne (2008-2010) oltre 31.000 sono gli ettari di vigneto estirpati, cui si aggiunge il largo ricorso alla “vendemmia verde” che, solo in Sicilia, ha interessato 13.000 ettari, contribuendo a diminuire ulteriormente la produzione. In vent’anni il nostro Paese ha perso 286.000 ettari di vigneto, con la superficie di vigneto per uva da vino che è passata da 970.000 ettari del 1990 a 684.000 oggi.
Molto complessa la situazione macroeconomica di prospettiva del nostro Paese e dei tradizionali principali mercati di sbocco del vino italiano che, diversamente dal 2007, stanno affrontando una prolungata congiuntura economica negativa e che si anticipa ulteriormente recessiva.
I consumi interni sono in calo netto e progressivo con un consumo pro-capite che, nel 2010, è stato prossimo ai 40 litri, contro i 47 del 2007, e la tendenza è quella di un ulteriore decremento. Tanto è che, nel 2011, all’estero si berrà quasi più vino italiano che in Italia, con un export che assorbe ormai ben il 50% della produzione vinicola nazionale.
In questo quadro e sebbene in questi mesi si sia osservato l’aumento delle quotazioni all’ingrosso di uve, mosti e vini, in quasi tutte le regioni italiane con incrementi dal 5% al 35% per le tipologie più richieste, va osservato che i prezzi all’ingrosso dei vini nel 2010 erano stati uguali a quelli del 2009 che a loro volta erano più bassi di oltre il 30% di quelli del 2008.
Il mercato è caratterizzato dalla forte tensione che rende difficile la posizione dei produttori e imbottigliatori di vino, dovuta non solo all’annata produttiva molto scarsa, ma anche ai sensibili aumenti di costo di tutti i principali componenti per la produzione quali vetro, carta e cartoni, trasporti e – sopra ogni altra cosa – i servizi a tariffe amministrate: energia in primis.
Al di là di queste osservazioni e riflessioni, riteniamo importante sottolineare che per il recupero di profittabilità delle imprese è fondamentale che le imprese del vino continuino a lavorare significativamente per avvicinare i consumatori ai luoghi di origine del vino, in modo che questi possano sempre meglio collegare il ricordo dei luoghi e la figura del produttore, al momento dell’acquisto della bottiglia. Si deve fortemente sviluppare la capacità di comunicazione d’impresa e intensificare le relazioni: lavorando per rendere i territori di origine e i produttori dei vini sempre più patrimonio dei consumatori, incrementando il valore della qualità percepita dei vini provenienti dai nostri territori e tenendo ben presente che il rapporto prezzo-qualità del vino per essi è ragione determinate nella scelta d’acquisto.
Unione Italiana Vini si è sempre impegnata a promuovere l’efficienza della filiera e la qualità del prodotto. Unione Italiana Vini, invece, non può farsi promotrice di alcuna attività volta ad influenzare le politiche di prezzo dei diversi prodotti per uniformarle tra i rispettivi produttori, ma ha quale obiettivo quello di favorire, all’opposto, che tra essi si sviluppi una sana concorrenza, che è sia la linfa dell’incessante progresso delle nostre aziende che la miglior garanzia di qualità per il consumatore.
Eventuali comunicati stampa diffusi in passato, incoerenti con tale impostazione, non sono riconducibili alla politica associativa, ma piuttosto frutto di episodiche e personali valutazioni di soggetti non più al vertice dell’Associazione.
E’ d’altro canto utile ricordare a ciascuno di noi che la legge vieta ogni strategia di prezzo concordata, poiché l’indicazione o l’intesa su prezzi o altre variabili economiche (tra cui sconti, costi e quantità) nel settore vinicolo, come in qualunque settore merceologico, sarebbe in conflitto proprio con i principi della libera concorrenza, di cui la nostra Associazione è convinta garante.
Sono pertanto incompatibili con il corretto funzionamento del mercato, e quindi vietati, tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni delle loro Associazioni e tutte le pratiche che abbiano per oggetto o effetto di impedire, restringere o falsare il processo concorrenziale attraverso, tra l’altro, la fissazione di prezzi d’acquisto o di altre condizioni contrattuali.
La dottrina antitrust prevede che ciascuna impresa sul mercato determini indipendentemente dalle altre le proprie strategie e la propria condotta sul mercato.
La strada da percorrere è lunga, poco agevole, oggi più che mai richiede forti e incisive azioni di comunicazione, che da sole non sempre sono bastevoli, in assenza di un quadro di politiche integrate di sviluppo, in sinergia con le istituzioni, troppo spesso assenti, e questo è il legittimo campo di azione della nostra Associazione.
Lucio Mastroberardino
Presidente di Unione Italiana Vini